San Nicola di Centola

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CENNI STORICI

Nonostante il toponimo “San Nicola” farebbe pensare al monachesimo italo-greco primitivo, in quanto il culto del Santo di Mira è senz’altro di provenienza orientale, per quanto riguarda la nascita del paese occorre risalire a tempi più recenti giacché le prime notizie documentarie della chiesa e del paese stesso che si sono finora reperite risalgono alla fine del sec. XVII. C’è, però, da dire che la località viene menzionata in un documento di epoca anteriore: precisamente, in un inventario dell’abbazia greca di San Pietro di Licusati del 1480, nel quale San Nicola è inserito come feudo della Molpa, ma soggetto a quella giurisdizione monastica. Non si può, comunque, escludere che, nel luogo ove si trova l’attuale centro storico del vecchio borgo di San Nicola o nelle vicinanze, possa essere sorto, tra l’VIII e il IX secolo, un piccolo cenobio italo-greco intitolato al Santo di Mira, successivamente scomparso a seguito di incursioni saracene o di altri eventi. Tali cenobi in quei tempi lontani erano molto numerosi nella zona: basti pensare a San Nazario, Eremiti, Santa Cecilia di Castinatelli e Abatemarco. L’esistenza di ruderi di antiche costruzioni in località Torre e Torretta potrebbe far pensare all’esistenza in detti luoghi in tempi molto antichi di detti cenobi. Sia la toponomastica – la località in cui si trovano i succitati ruderi è anche chiamata “Monaco” o “Monaca”- sia la tradizione orale sembrerebbero avvalorare l’ipotesi, che resta comunque tale. Una campana di piccole dimensioni della vecchia chiesa semidistrutta dalla frana del 1963 reca un bassorilievo raffigurante San Nicola e la scritta “Maria-Jesus A.D.1695”. Tale data testimonierebbe che la chiesa in questione a croce greca, lunga 15 metri e larga 6, potrebbe essere stata edificata proprio verso la fine del 1600. San Nicola, fino ad oltre la metà del 1800, si chiamava “Villa San Nicola”. Il termine “villa”, secondo l’etimologia latina, significa podere, fattoria, casa di campagna. Il che fa supporre che qualche feudatario (i Sanseverino?) possedesse nei pressi del paese un’azienda agricola con una o più case coloniche. Presumibilmente, fino ai secoli XVII e XVIII, S. Nicola sarà stato un piccolo casale: infatti, la tradizione orale ci ha tramandato, a tal proposito, il seguente detto: “Santu Nicola, tre case e nu furnu e ’na campana appisa a n’urmu”. Il detto potrebbe far riferimento alla circostanza che la campana, la quale riporta la data del 1695, pur essendo già stata costruita la chiesa ma non ancora il campanile, venne, provvisoriamente, sospesa a una pianta di olmo che si trovava nelle vicinanze. Comunque, dal verbale di una santa visita effettuata nel 1802 da Mons. Paolo Iacuzio, vescovo della diocesi di Capaccio-Vallo, risulta che allora il paese contava 267 anime. Nel novembre dell’anno 1963, a seguito di piogge abbondanti e prolungate e forse anche a causa delle mine fatte brillare per la costruzione di una nuova galleria ferroviaria sulla vicina linea Salerno-Reggio Calabria, la chiesa e più di metà del vecchio centro abitato furono compromessi da un imponente movimento franoso. Di questa chiesa, oltre ai ruderi e al campanile ancora in piedi, restano le pregevoli statue di San Gaetano, San Nicola, S. Lucia, la Madonna del Rosario e S. Teresa del Bambino Gesù, la Madonna del Carmine, una statua di Gesù morto e la statua del Cuore di Gesù. Nonché un artistico quadro raffigurante San Nicola in abiti pontificali a firma di un certo Giuseppe Califano. Vi è anche un reliquiario in legno e argento con la reliquia di San Gaetano, che reca l’attestato di Filippo Speranza, vescovo della diocesi di Capaccio-Vallo dal 1804 al 1834

FESTE RELIGIOSE

L’antica chiesa di San Nicola, ora in parte diroccata, era consacrata a San Nicola di Mira. Dai verbali di due visite pastorali effettuate, rispettivamente, nel 1890 e nel 1802 dai vescovi di allora della diocesi di Capaccio-Vallo, risulta che nella nicchia posta sull’altare maggiore veniva conservata la statua di San Nicola, la cui festa ricorre il 6 dicembre di ogni anno. Il Santo Protettore del paese è, però, San Gaetano Thiene, che viene festeggiato due volte l’anno: il 7 agosto, che è la sua festa ufficiale, e il giovedì dopo Pasqua. Nella vecchia chiesa vi era una cappella in stile barocco consacrata a San Gaetano con una nicchia in cui era collocata la sua statua. Ciò lascia presumere che il culto del Santo Vicentino, patrono della Provvidenza, era già presente nel paese ai tempi della costruzione della chiesa. A questo punto, sorge quasi spontanea la domanda: perché a quel tempo giunse il culto di San Gaetano a San Nicola e perché detto culto ha finito per sopravanzare quello di San Nicola di Mira, al quale era comunque consacrata la chiesa? Partiamo dal fatto che Gaetano Thiene venne proclamato santo nel 1671 dal papa di allora Clemente X. Quindi, detta proclamazione avvenne pochi anni prima del completamento della costruzione della chiesa di San Nicola. Orbene, dobbiamo tener presente che, proprio in quel periodo storico, la Curia Romana avvertiva l’esigenza di proporre al culto dei fedeli di zone soprattutto periferiche un campione della cattolicità tridentina, esponente di spicco della Riforma Cattolica e intemerato difensore dell’ortodossia contro il protestantesimo dilagante. Perciò, accanto al culto del grande Santo di Mira –culto che testimonia il radicamento della religiosità grecobizantina nella zona- troviamo già in quel tempo quello Santo vicentino, fondatore dell’Ordine dei Teatini insieme a Gian Pietro Carafa, il futuro papa Paolo IV. Vi è ancora un’altra Santa alla quale i fedeli sannicolesi dedicano due feste: è Santa Lucia vergine e martire, che viene festeggiata nella sua ricorrenza ufficiale, il 13 dicembre, e la prima domenica di luglio. La presenza di questo culto va rintracciata nelle origini storiche del paese. Secondo la tradizione popolare, San Nicola venne fondato da un paio di famiglie di pastori (Amorelli e Tomei) venuti da Cannalonga perché attirati dai buoni pascoli e dal clima molto mite della zona. Detta tradizione sembra trovare conferma da quanto riferito da don Giovanni Cammarano in una nota contenuta nel II° volume della sua storia di Centola. In essa, a un certo punto, si afferma che “…..al calare del secolo XVII, un certo Domenico Tomei, oriundo di Angellara (frazione di Vallo della Lucania distante pochi chilometri da Cannalonga), sul suolo del Capitolo Vaticano –il terreno su cui insisteva la vecchia chiesa era di sua proprietà- edificò una casa e, moltiplicatisi i figli, costruì altre case con una cappella dedicata a San Nicola.”Anche a Cannalonga c’è il culto di Santa Lucia; e l’antica fiera della Frecagnola un tempo si chiamava Fiera di Santa Lucia e aveva luogo proprio in occasione della sua festa nel mese di dicembre. Pertanto, se troviamo attendibile l’ipotesi che a fondare San Nicola siano stati pastori provenienti da Cannalonga, lo è altrettanto quella che a portare a San Nicola il culto di Santa Lucia siano stati proprio loro. C’è, infine, da rilevare che la festa di Santa Teresa di Lisieux ricorre il 1° ottobre di ogni anno. Le statue dei Santi che venivano e vengono venerati a San Nicola, le quali attualmente si trovano nella nuova Chiesa parrocchiale ultimata e consacrata il 4 gennaio 2003, sono quelle di San Nicola di Mira (mezzobusto), San Gaetano Thiene, Santa Lucia, della Madonna del Rosario, di Gesù morto e di Santa Teresa di Lisieux. Vi è, inoltre, un quadro di tela raffigurante San Nicola in abiti pontificali con la scritta “Franciscus Califanus fecit”. In detto quadro il Santo di Mira viene rappresentato, secondo l’iconografia tradizionale, in abiti vescovili e con il pastorale nella mano sinistra, mentre con la destra benedice i tre bambini, che egli aveva fatto risorgere, uccisi da un malvagio macellaio per venderne la carne . La statua di San Nicola è a mezzobusto; e anche questo è in linea con l’iconografia corrente. Come ben si sa, il culto di San Nicola di Mira fu portato nel Cilento dai monaci italo-greci; proprio per questo è molto diffuso in tutto il territorio, che nel corso dell’Alto Medioevo accolse numerosi seguaci della regola di San Basilio in fuga dalla Sicilia conquistata dagli Arabi e anche dalla Calabria meridionale minacciata dalle loro continue incursioni. Vi e, poi, la statua di San Gaetano Thiene, che, come già detto prima, è il protettore del paese, mentre il patrono è San Nicola. È raffigurato in abito sacerdotale; egli faceva parte dell’Ordine dei Teatini che aveva fondato in collaborazione con l’amico Giampietro Carafa, che divenne successivamente papa con il nome di Paolo IV. Tiene con la mano destra il Bambino Gesù; e la scelta iconografica non è casuale perché costituisce la rievocazione del prodigio avvenuto nella notte di Natale del 1517 ricordato nella biografia su di lui sopra riportata. Ai piedi della statua vi è un libro aperto che reca il seguente scritto in latino:”Si videris calumnias et violentia iudicia subverti iustitiam in provincia non mireris super hoc negotive surgam et circuibo civitatem per vicos et plateas neque dicas non est providentia non in commessationibus et ebrietatibus, non in cubilibus et impudicitiis, non in contentione et emulatione, sed induimini Dominum Jesum”. La traduzione è pressappoco la seguente: “Se costaterai che le calunnie e i giudizi violenti sovvertono la giustizia in un ufficio o in un’attività, non meravigliarti più di tanto; io mi leverò e percorrerò la città nei quartieri e nelle piazze affinche non si dica che non vi è la Provvidenza, nonostante i peccati e il vizio di ubriacarsi, i luoghi di perdizione e le impudicizie, le lotte e le rivalità, ma (sappiate) che siamo stati rivestiti del Signore Gesù”. La scritta sta in qualche modo a ricordare il fervente apostolato svolto dal Santo in mezzo alla plebe napoletana, tra le brutture e le miserie della grande città mediterranea. Anche la statua di Santa Lucia segue la classica iconografia raffigurante le fanciulle martiri delle persecuzioni dei primi secoli dell’era volgare. Ella è, infatti, rappresentata come una dolce e bella fanciulla (ricorda la statua di Sant’Eufemia della Chiesa di San Mauro La Bruca), che nella mano destra regge un piccolo vassoio con i suoi occhi, simboleggianti le crudeli modalità del suo martirio (le furono cavati gli occhi) e in quella sinistra la palma del martirio.