IL MIRACOLO

IL MIRACOLO DELLA GALLERIA SPINA – 14 GENNAIO 1889. 

Il miracolo venne raccontato  al sacerdote d’allora don Pasquale Allegro da un testimone oculare, Giuseppe Meola, morto a San Mauro La Bruca il 18 dicembre del 1947. Eccone il testo:

“Il 14 gennaio del 1889 lavoravano alla costruzione della galleria Spina, tra la stazione di San Mauro La Bruca e quella di Centola, oltre 100 persone, appartenenti a vari paesi della nostra contrada; vi erano anche alcuni siciliani, calabresi e pochi settentrionali. Era un lavoro pericoloso per la natura franosa del terreno.Ogni giorno alle ore 11,00 il capo d’opera  dava con la tromba il segnale per la cessazione del lavoro e per invitare gli operai a consumare la refezione, che ciascuno portava con sé.

Quel giorno, invece, alle 10,30 si presentò un giovane, che noi credemmo un ingegnere o capo sezione, venuto per controllare il lavoro e gli operai. Io lavoravo all’imbocco della galleria insieme ad un giovane settentrionale, di nome Antonio: stavamo lavorando alla volta e legavamo un “bolognino” o blocco di pietra per tirarlo su. Il giovane, da noi creduto un capo sezione, si rivolse a me e mi chiese: “Per favore, chiamatemi il capo d’opera”.

Ed io chiamai: “Mastro Carlino, vi è qui un ingegnere che vi cerca”. Mastro Carlino si presentò subito, tese la mano allo sconosciuto per stringerla, ma questi ritrasse la su, tanto che Mastro Carlino rimase male.

Il giovane, da noi creduto capo sezione, chiese a Mastro Carlino: “A che ora andate alla refezione?”

“Alle 11,00”- fece Mastro Carlino.

“Sono le 11,10 -disse l’altro, mostrando l’orologio- chiamate gli operai e fateli uscire”.

Mastro Carlino, nonostante il suo orologio segnasse le 10,30, ubbidi’ subito: prese la tromba e diede il segnale della refezione. Mentre gli operai uscivano, il giovane sconosciuto si avviò verso la passerella di legno sul fiume Lambro, con nostra grande sorpresa, perché se ne andava senza controllare il lavoro e gli operai. Arrivato all’estremità opposta della passerella, il creduto ingegnere si volse verso di noi, prese l’aspetto dell’immagine di San Mauro, con i paludamenti episcopali: distinguemmo bene la mitra e il pastorale. E, dopo un istante, si dileguo’.

Appena usciti gli operai, la galleria frano’ per un tratto di 150 metri. Sette o otto operai siciliani e calabresi, che si erano attardati in galleria per consumarvi la colazione, rimasero sepolti. Gli altri che erano usciti, commossi per la visione del Santo e vistisi miracolosamente risparmiati dall’orribile morte di essere seppelliti vivi, in un impeto di riconoscenza e di amore, versando lacrime copiose, levarono un solo grido: “È San Mauro, è San Mauro che ci ha salvati!”

Per quel giorno sospesero i lavori. La notizia del prodigio, propagatasi rapidamente per tutta la contrada, richiamò all’alba del giorno dopo, 15 gennaio,  festa di San Mauro, tutti gli operai e numerosi altri fedeli, che con grande devozione salirono le pendici di questo colle per prostarsi in lacrime ai piedi del loro Protettore. In segno di riconoscenza tutti offrirono a San Mauro il salario di un mese e celebrarono una festa solenne. Lo stesso assistente, signor Angelo, che era incredulo, offri’ lire 500, e da quel giorno credette alle verità della fede. Successivamente altri dalla Sicilia e dalla Calabria vennero a San Mauro, conducendo anche i loro familiari. Tutti noi, che fummo fatti degni di vedere il glorioso Santo, abbiamo serbato a lui eterna riconoscenza”.

Questa è la testimonianza integrale del succitato operaio sammaurese Meola Giuseppe.